In questo articolo parlo dell’essere pronti. Spesso vogliamo cambiare lavoro, modificare abitudini, prendere al volo opportunità. Ma la domanda è: siamo pronti a cogliere il momento opportuno? Spunti pratici e teorici per prepararsi.
L’essere pronti
“A volte non potevo permettermi di sacrificare a nessun lavoro, sia mentale che materiale, il fiore del momento presente” scriveva il filosofo e amante della natura Henry David Thoureau.
Amo questa frase, ma credo che la capacità di cogliere il momento presente sia legata ad un sottile filo che ha due cime, costituita da altrettanti aspetti cruciali della nostra esistenza:
- da un lato, la capacità di cogliere l’attimo, con la sua profondità, bellezza e complessità di ció che ci si para davanti ogni giorno -che dovremmo cogliere in tutta la sua pienezza (il famoso carpe diem, in buona sostanza)-;
- dall’altro, l‘aver creato le condizioni perché avvega il momento da cogliere, altrimenti potremmo o perderlo senza rendercene conto oppure non avvenire del tutto.
Facciamo due esempi.
Potrebbe essere che ci passino davanti delle opportunità di lavoro e non siamo in grado di coglierle?
Potrebbe essere che siamo alla ricerca di una persona da amare, ma non siamo in grado di realizzare che forse l’abbiamo davanti agli occhi e non la vediamo? O, ancora, che non creiamo le condizioni per incontrarla e (cosa non scontata) essere visti?
Sono due esempi, ma potremmo farne molti altri.
Far accadere le cose
Credo che le cose possano accadere, ma dovremmo metterci anche in moto per farle succedere. Potremmo essere nel posto giusto ma non attrezzati a vedere la situazione:
- vuoi per il nostro stato emotivo che non é pronto per cogliere le opportunità;
- vuoi perché la realtà ci si pone diversamente da come l’avevamo pensata.
Cosí, giorno dopo giorno le cose possono fluire, noi vederle con gli stessi occhi, non accorgendoci che non sono tutte uguali, ma con alcune sfumature che dicono di opportunità lavorative appena dietro l’angolo (ma noi siamo nell’angolo opposto, all’ombra di ciò che sta accadendo), o di persone che vorremmo trovare sulla nostra strada ma che, inavvertitamente, sono sull’altro lato marciapiede.
Come si mostrano le opportunità
Si sa, la realtà supera di gran lunga i manuali e, spesso, pure la fantasia.
Potremmo forse creare le condizioni da cogliere e non aspettare che queste passino il giorno di festa suonando la fanfara, in modo da farsi riconoscere.
Perchè le opportunità spesso non vi vestono sempre con il vestito della festa
Credo davvero che siamo noi, nonostante tutto, a poter lavorare per lastricare il nostro percorso. Quindi il “cogli l’attimo” va bene, ma:
- se lavorassimo a qualcosa prima?
- Al come crearlo?
- A come essere lí ad afferrarlo? Ma come si fa, ce lo siamo mai chiesti?
Penso passi dal lavorare sulla propria consapevolezza, allenandosi per svilupparla.
Piú consapevoli, piú presenti perché come ricordava un vecchio detto “il segreto non é correre dietro alle farfalle ma curare il giardino affinché vengano da sole“.
La grande nave
Una sera la grande nave da guerra fu avvolta dalla nebbia che saliva dall’acqua coprendo ogni cosa, ad un certo punto la vedetta vide una luce davanti, indicante un’imminente collisione; così chiamo la cabina di comando per avvertire. Il capitano della nave fece telegrafare immediatamente che erano in procinto di scontrarsi, e che la nave di fronte avrebbe dovuto cambiare rotta. Poco dopo ricevette, come risposta, che a modificare la rotta sarebbe dovuta essere la nave da guerra. Il capitano era furente, scrisse che lui era capitano e ordinava di spostarsi. Dall’altra parte gli fu subito comunicato che chi gli rispondeva era un marinaio, ma che era la loro imbarcazione a doversi scansare. Il capitano, incredulo, fece scrivere “siamo una nave da guerra, spostatevi!“. Dall’altra parte risposero: “siamo un faro!“. E La nave cambio rotta.
Cambiare per cambiare
Ecco, in questo piccolo aneddoto si possono intravedere alcuni elementi essenziali quali:
- l’importanza del cambio di paradigma, da “io vado avanti per la mia strada, spostatevi!” a “la realtà oggettiva mi indica che devo cambiare il mio piano iniziale“;
- quanto ci siano dei principi che superano i valori soggettivi, e che bisogna analizzarli con grande umiltà e lucidità, pena il fallimento;
- quanto, a volte, presi da un’impostazione personale non ci accorgiamo di nuocere a noi e a chi ci sta attorno, accecati da quella che i greci chiamavamo hybris (che vuol dire tracotanza, superbia: in genere affliggeva molti degli eroi dei racconti omerici…che poi però finivano male). Con l’accanimento, a volte, c’è il rischioso passaggio da perseveranza a perseverazione. La prima è la capacità di non mollare; la seconda è ostinazione cieca che fa andare a sbattere.
Termino col dire che, per effettuare grande cambiamento, evitando la citata hybris, credo occorrerebbe lavorare su quella che Covey chiamava “Etica del carattere“, cioè allenarsi sui fondamentali elementi che formano il carattere. I suoi fondamentali sono: integrità, temperanza, giustizia, pazienza, modestia, umiltà, fedeltà, semplicità, laboriosità. Bisognerebbe allenarsi su questi, notò Covey, piuttosto che su quella che chiama “Etica della personalità“, la quale lavora più sull’aspetto di immagine, comunicazione, vendita di sé, di persuasione, che offre ricette immediate di psicologia spicciola, ma che dimentica l’aspetto profondo del carattere soggettivo, sul quale si dovrebbe andare a lavorare, ovvero, sull’essere.
Per non andare a sbattere
Quindi, se non vogliamo andare a sbattere con la nostra nave, dovremmo umilmente rimboccarci le maniche lavorando sui nostri valori fondanti, e su ciò che da essi si declinano nelle cose di tutti i giorni, e solo dopo sul resto.
Scriveva Thomas Stearns Eliot: “Noi non dobbiamo cessare di esplorare, e il fine di tutta la nostra esplorazione sarà quello di arrivare là dove cominciammo e di conoscere quel posto per la prima volta“.
Buona rotta
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