immagine del mercato del lavoro

Il lavoro è come questa immagine: puoi vedere una faccia piuttosto inquietante, oppure due ragazzi che si abbracciano e baciano. Vediamo come andare oltre le apparenze.

L’immagine a più prospettive

Il mercato del lavoro e il nostro lavoro è come questa immagine. Se non sai come funziona vedi una faccia che sembra Bacco, con il viso cupo e la testa piena di foglie, ma se lo conosci e impari a guardare oltre, vedi due innamorati che si stanno abbracciando (li vedi?).

Un cambio di paradigma, riferito al lavoro, vuol dire superare i soliti modelli del tipo:“il posto fisso”, “non c’é niente”, “bisogna adattarsi”, “qualsiasi lavoro va bene”, “se senti qualcosa dimmelo”, “ė troppo tardi per scegliere”, “ho già fatto tutto per cercare lavoro”…Vedere oltre, vuol dire, conoscere le regole della ricerca, ampliando il nostro raggio d’azione. Cambiare paradigma è imparare a vedere da nuove angolature o, ancora prima, decidere di farlo. Allenarsi a vedere in un nuovo modo la propria ricerca di lavoro, come dispiegamento di sè. Sul “come cercare lavoro” ho già scritto diversi articoli le scorse settimane. Oggi vorrei invece parlare di come guardiamo il nostro.

Ogni professione

Ogni professione, anche la più ripetitiva e apparentemente noiosa, è potenzialmente interpretabile come missione agli altri: non credo ci sia un lavoro che non ha il fine -in fondo in fondo- di servire a qualcuno da qualche parte; forse, semplicemente, dovremmo ogni tanto pensare quali ricadute ha, a chi e in che modo.

A molte persone, purtroppo, quando chiedo cosa stanno cercando, rispondono “qualsiasi lavoro”, “basta che mi pagano”. Nulla da eccepire, sicuramente il bisogno di vivere, mantenersi e mantenere –oltre alla stanchezza e alla disillusione- fa rispondere con queste parole, e su questo non si scherza, però dovremmo poterci chiedere: “ma cosa desidererei esprimere?”, “cosa mi farebbe stare bene?”, “chi aiuterò con il mio lavoro”. Perché, una volta guadagnato il necessario, la nostra a volontà di affermazione chiede il conto: “ed ora che ce l’hai fatta e porti a casa dei soldi, qual è il prossimo obiettivo?“, recita la vocina nella testa.

Vorrei fare una piccola riflessione su ciò che stiamo facendo ora, noi, nel nostro –tra virgolette– “piccolo”.

  • Non stai “solo” facendo da mangiare, stai dando valore ad un momento della giornata in cui la persona si siede e gusta la vita. Stai donandole un momento di benessere, di bellezza, di bontà. Dietro ci sono valori, uno stile, la scelta degli ingredienti. Per chi farai da mangiare? Anziani in una casa di riposo? Bambini di una scuola? Coppie innamorate? Viaggiatori di passaggio? Lavoratori in pausa pranzo? Vagabondi?
  • Non stai “solo” selezionando persone per un impiego e poi “chi si è visto si è visto”. Con il tuo lavoro stai facendo in modo che qualcuno vada in un’azienda, realizzi una sua passione, trovi di che pagare le cose che gli servono, renda felici altre persone di conseguenza. Realizzandole dai voce alla tua realizzazione. Lavorando per le persone esprimi il tuo valore.
  • Non stai “solo” progettando una casa, stai materializzando il un sogno di una coppia o di una persona, realizzando il desiderio di avere un proprio spazio dove vivere.
  • Non stai scrivendo solo dei codici per qualche programma, stai dando accesso ad un servizio che semplificherà la vita a delle persone. Aprirai porte, avvicinerai persone, renderai comprensibili e fattibili spazi di condivisione.
  • Non stai facendo “solo” buste paga, stai consegnando il giusto che aprirà possibilità alle persone che si sono (o sono state) affidate a te. Stai trasformando delle leggi e regole (spesso poco comprensibili) in cifre, in diritti e doveri. Toglierai dubbi e risolverai rebus.
  • Non stai “solo” imbustando un prodotto, confezionandolo, perché dall’altra parte ci sarà qualcuno che -senza sapere chi è stato- avrà un prodotto fruibile. Penso agli smalti: finiranno sulle dita di una donna giovane che lo utilizzerà per le feste con gli amici? Sarà utilizzato per una signora anziana che andrà a metterlo per il matrimonio del nipote? Finirà tra le mani di una persona che, dal letto di un ospedale, troverà del colore nella propria giornata? Sarà messo prima di andare al lavoro, per sentirsi belle con se stesse? Chi lo sa.
  • E tu: “cosa non solo stai facendo?”….Posso chiederti cosa c’è di speciale in ciò che fai?

Capire che il nostro lavoro non finisce lì ma nutre gli altri, rende un servizio e, se fatto con autentica voglia di donare qualcosa di bello, assume vita nuova.

Una cosa di me

Io iniziato cercando lavoro per le altre persone, e mi sembrava bello. Poi ho realizzato che trovarlo, andava a ristrutturare dei mondi, diventando un trampolino per altre persone attorno a chi era riuscito nell’impresa. Che il bello non era solo nel trovare ma sapere che aveva una ricaduta positiva su figli, genitori, compagni, compagne, amici. Penso solo a chi, magari straniero, venuto in Italia per vivere, oggi può dare dei soldi alla propria famiglia a migliaia di chilometri di distanza. Oggi la vedo così. E vorrei donare questo pensiero a chi fa il mio stesso lavoro.

Domanda: “Guardando così il nostro lavoro sarà lo stesso?”.

 

Ps.

In questo periodo, in fondo agli articoli troverai alcune idee “natalizie”.

Nella pagina dedicata ai corsi di formazione puoi trovare:
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Buonaserata
Davide

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