Siamo alla fine di luglio.

Non in tutti, ma in molti parte un countdown che va a scandire il tempo da qui alle chiusure estive: fatto di cali di lavoro e ferie (anche se lo so, non è per tutti così: c’è chi lavorerà tantissimo anche in questo periodo).

L’arrivo dell’agosto – per tante persone – è come la fine dell’anno: un momento di bilanci, speranze per l’autunno con buoni propositi di cambiamento – dalle diete dopo le vacanze, agli impegni nuovi come la palestra, passando per corsi da frequentare e mindset nuovi da indossare-.

Perchè scrivo questo che sembra il solito servizio estivo, dove si dice di bere molto e stare all’ombra nelle ore più calde?

Perchè esistono modi di allenare il cambiamento, oggi, partendo dal qui ed ora, anche nel corso di quest’estate. Altrimenti, se non stiamo attenti, le cose che ci diciamo voler cambiare, tornati nella normalità del tran tran quotidiano settembrino, riprenderanno il corso degli eventi.

Per questo, per chi lo volesse, provo ad offrire alcuni suggerimenti per modificare il mindset e ripartire dopo le ferie – o comunque, dopo un agosto di ri-flessione – con uno sguardo sugli obiettivi posti, ma da un angolatura un pochettino differente.

Ripartire dopo le ferie, partendo da adesso!

Ecco di seguito tre azioni che potremmo mettere in campo:

  • pensare da “un giorno” a “giorno uno“;
  • riflettere sui valori e ragionare sulla nostra Johari windows;
  • mettere in pratica il nostro principio di coerenza;

1. Pensare da “un giorno” a “giorno uno”:

Dei tanti reel che arrivano ogni giorno, ne ho visto uno di pochi secondi di Dwayne Johnson, (cliccando sul suo nome puoi vedere il video che cito) dove fa notare la differenza tra dire e dirsi “un giorno” e “giorno uno“.

Nel video ripete “One day or day one“.

Nel dire “un giorno” potremmo trovare frasi del tipo “fra UN GIORNO ….lo farò; lo affronterò; ci penserò ecc..
Nel secondo, con “giorno uno”, si pensa al primo giorno di cambiamento, all’azione nel momento presente. Allora, provare a pensare con consapevolezza che differenza passi tra il primo e il secondo modo di dire, può farci rendere conto quanto cambierebbe se da “un giorno qualunque”  diventasse il “giorno uno, di fare un qualcosa”.

2. Riflettere sui valori e ragionare sulla nostra Johari windows:

Un’altra cosa sempre importante, credo sia stabilire quali sono le nostre priorità: quelle vere, quelle che ci fanno battere il cuore con pienezza di senso. Sarà dunque importante scoprirle e coltivarle.

Perchè siamo pieni di risorse, anche se spesso non le vediamo! Ognuno ha grandi potenzialità, ma non sempre si riesce a scorgerle in noi o negli altri.

Se vuoi lavorare nella direzione che indica i tuoi valori, metterli a fuoco per poi lavorarci, pensa “cosa vorresti dicessero di te le persone di cui hai più stima“. Attenzione, non ti sto dicendo che “devi far dire loro cosa loro pensano di te“, ma

cosa vorresti dicessero loro di te“.

Ecco, questo piccolo esercizio, che espresse bene Stephen Covey nel suo più famoso libro: “Le sette regole per avere successo” (che suggerisco sempre come lettura), sono una riflessione interessante utile a far emergere quali aspetti di te vorresti portare agli  altri.

E’ utilissima perché, capito cosa vorremmo dicessero di noi, forse si potrà comprendere cosa potremmo fare per comunicare chi desideriamo essere.

Ma non è facile, come si può intuire.

Covey, addirittura, per rendere incisiva questa riflessione, proponeva di immaginare queste persone davanti alla bara della persona, facendole dire loro cosa avevano ricevuto da lei quando era in vita: in termini di comportamenti e qualità morali.

Io, per renderla un po’ più soft, penserei alla nostra vita “professionale” e di immaginarci quindi, al termine della nostra carriera, cosa direbbero di noi gli altri: cosa abbiamo lasciato, cosa abbiamo trasmesso.

Pesantuccia quella di Covey come immagine, ma se ci pensiamo, efficace per tirare fuori i valori che si desidera portare agli altri e per cui vorremmo essere ricordati.

Cosa sono i valori? Dovrebbero indicare la bussola della persona, lo strato sottostante ai comportamenti capace di guidarne le intenzioni.

Ma è sempre così? No, ovviamente.

“Siamo cattivi e brutti se li mettiamo da parte?” No, spesso siamo solo presi dalle cose del mondo, dagli eventi che ci centrifugano fino a strapparci da ciò che vorremmo dare priorità: trasportati dalle correnti del mondo. Così la necessità porta ad agire senza curarci di loro, cui un giorno tenderemo ma che “ora no, non è possibile!“. Però, dimentica oggi dimentica domani, vanno spesso a finire in qualche baule polveroso: diventando materia archeologica personale, reputati dopo tanti giri nella testa frutto dell’ingenuità giovanile.

“Cambiano nel tempo?” Possono.

“Dicono di noi?” Si.

Sono chiari agli altri?” Non sempre, anzi.

Sono importati per la nostra felicità?” Si.

Ora, prova a pensare una persona di cui hai o avevi stima se: ti erano chiari i suoi valori e perché la stimi tutt’ora.

Se le risposte che trovi parlano in una qualche misura dei valori di questa persona, stai avvertendo quanto sia importante afferrare i valori e capire come trasmetterli.

Ora, di seguito, ti spiego cos’è la Johari windows: riflessione utile ad approfondire le tue e altrui risorse.

Negli anni ’50 Joseph Luft e Harry Ingham, proposero il cosidetto schema di Johari (o Johari windows, che prende il nome dall’unione del nome dei loro fondatori Joe e Harry).

Lo schema di Johari è un modello utile a focalizzare alcuni stadi della conoscenza che abbiamo di noi stessi. Visivamente, è costruito da un quadrato diviso in quattro campi:

?Il primo campo descrive ciò che sappiamo di noi (capacità, esperienze, motivazioni, inclinazioni) e che anche gli altri attorno a noi conoscono, perché li rendiamo partecipi diffondendo volontariamente queste informazioni.
?Il secondo campo, descrive ciò che sappiamo di noi ma che agli altri sfugge. Più questi aspetti prendono forma e li comunichiamo e minore sarà lo spazio di questo riquadro. Sono cose intime che non divulghiamo facilmente.
?Il terzo campo contiene quello che ancora non sappiamo di noi ma che appare agli altri. Per scoprire le cose, qui, occorre indagare un po’.

Chiarisco con un esempio questo terzo campo.

Facciamo finta che vuoi iscriverti all’Università ad un indirizzo per poi andare a lavorare a stretto contatto con le persone: questo perché ti piacerebbe ascoltarle e prendendoti cura di loro.
Potrebbe essere utile chiedere ad amici e conoscenti come ti vedono in quella situazione, e quali sono delle caratteristiche in te presenti per questo tipo di lavoro (del tipo: bravo ad ascoltare; empatico; paziente ecc.). Non dovremo necessariamente prendere per oro colato tutto quello che ci verrà detto, potrà però essere interessante e arricchente sentire i pareri di altri, così da scoprire cose nuove su di te, perché viste da una prospettiva diversa, che ad oggi non hai ancora messo a fuoco.

?Il quarto riquadro dice invece di quegli aspetti che, ad oggi, non conosci di te e che neanche gli altri vedono.

Ogni tanto, nella vita, saltano fuori offrendo nuovi spunti su noi stessi; e per quanto crediamo di conoscerci, certi aspetti a volte giungono veramente sorprendenti e inaspettati. Delle volte, ci convinciamo di riuscire ad arrivare fino ad un certo punto e poi scopriamo di noi stessi cose sorprendenti. Per crescere dobbiamo lavorare sul cambiamento, trovando di tanto in tanto informazioni che aiutano a crescere, a sapere di noi. Se riusciremo a farlo, magari spiazzandoci un poco, ciò che inizialmente ci sarà sconosciuto potrà diventare visibile, così da poterne disporre e -magari – farlo arrivare agli altri.

Per scoprire il nuovo di noi stessi, occorre mettersi in gioco ed entrare in ascolto.

3. Il principio di coerenza

Non sono un appassionato di “arti della persuasione” e non sono interessato a convincere le persone o trovare trucchi per far tirare l’acqua al mio mulino.

Mi ha però sempre interessato molto la comunicazione e le sue sfumature, così, leggendo alcuni articoli di marketing qualche tempo fa, mi imbattei nel libro “Le armi della persuasione” di Robert Cialdini (se clicchi sul nome del libro, lo puoi vedere su Amazon).

Oltre ad essere un bestseller che per mia ignoranza avevo tralasciato, mi colpì quanto non fosse un manualetto ad uso del “persuasore” di turno, ma un vero e proprio testo di autodifesa,  dove si analizzavano le tecniche che spesso vengono utilizzate per persuadere gli altri: scoprendo quindi come agiscono i persuasori, si scopre anche come farvi fronte. E questo mi pare molti interessante, specie oggi, dove siamo sovente alla mercè di persone molto formate nelle strategie persuasuasive, quindi, conoscere come funzionano certi meccanismi aiuta a difendersi. Per inciso: consiglio vivamente di leggere questo libro!

Detto questo, tra le varie tendenze presenti nell’essere umano descritte nel libro,  c’è n’è una che vorrei citare qui, utile per “convicersi un po’”, perchè possa essere utilizzata con noi stessi, per non mollare se abbiamo un obiettivo cui teniamo e sentiamo nostro. E’ il “principio di coerenza“, ovverro la “coerenza con se stessi“.

Cialdini mette in luce -attraverso studi, ricerche ed esperimenti- quanto siamo tendenzialmente propensi a mantenere quanto ci siamo ripromessi. Ora, non dico tanto, però un piccolo atto per cercare di tenere la barra dritta, se vogliamo cercare un lavoro o migliorare la nostra carriera, possiamo provare a farlo. Vediamo come.

Scrivere per mantenere la motivazione originaria

Se vuoi impegnarti in qualcosa scrivila, fai in modo di averla spesso davanti agli occhi. E’ un modo di mantenere coerenza con se stessi.

Se vuoi cercare lavoro, per esempio, scriviti su un post it i motivi per cui lo desideri. Se vuoi non fare più una cosa, non scrivere “non voglio più fare x“, ma scrivi “non voglio più fare la cosa x per questo e quest’altro motivo“.  Ovvero, descrivi i motivi per cui hai voglia di impegnarti e non solo cosa desideri ottenere.

Questa pratica si rifà alla nostra tendenza di essere coerenti, perchè metterlo nero su bianco potenzia l’impegno preso. Il principio di corerenza è un aspetto molto importante sia a livello interiore che sociale. Qundi, descriverlo e tenerlo davanti agli occhi, potenzierà il ricordo per cui abbiamo deciso di metterci in marcia.

Motivazione intrinseca

Andando un po’ più a fondo. Per mentenere l’impegno preso, un’azione utile è quella di trovare non solo i risvolti estrinseci della motivazione (cioè gli incentivi che provengono dall’ambiete circostante: guadagno, blasone, successo, potere, ecc.) ma ciò che ci motiva dal dentro, la cosidetta motivazione intrinseca: cioè la passione, l’amore per ciò che facciamo.

“Trova quale felicità profonda ti muove e troverai la benzina del tuo agire”. Viene da sottolineare.

La felicità, data dal soddisfacimento del piacere immediato, si consuma, crea abitudine, alza l’asticella per il futuro. La felicità ricercata nel significato personale e profondo, per quanto sia un percorso anch’esso infinito, più che consumare è carburante dell’esistenza. Per questo, credo che la ricerca di significato nel proprio lavoro, sia premessa per una serie di ore quotidiane felici, impiegate in attività che favoriscono la nostra espressione profonda.

Mi colpì, tempo fa, un esperimento che fu fatto negli anni 70, dove alcuni ricercatori sottoposero ad un’intervista più di 10000 studenti: il fine era indagare il loro grado di soddisfazione nei confronti della vita. Dopo vent’anni li rividero, osservando cosa fosse accaduto in quel lasso di tempo. Risultò che coloro i quali si erano concentrati sui beni di possesso, dimenticando di dare significato profondo all’esistenza, avevano avuto una vita più insoddisfacente. La maggiore felicità era stata invece manifestata da chi aveva cercato un significato più profondo all’esistenza e puntato sulle relazioni. (Psychological Science, 14, 2003. pp.531-536).

Il significato non è precostituito, ognuno deve trovare il proprio. Poiché una buona parte della nostra vita è impiegata nello svolgere un lavoro, riuscire a inondarlo di pienezza e senso, trovando magari ciò che può aiutare ad esprimere noi stessi, non può che favorire la nostra felicità: troviamola, scriviamola su un pezzo di carta, leggiamola ogni giorno.

In estrema sintesi

Per non mollare, cerca la tua motivazione profonda e descrivila su carta; guardala spesso, sopratutto quando ti chiederai perchè hai intrapreso un percorso di cambiamento. Se puoi, e lo trovi stimolante, associa canzoni, letture, biografie che possano essere gratificanti per te: generano energia.

Buona estate!

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