Intervista vocazionale a Giorgio Macellari

Nel 2017 realizzai un’intervista vocazionale a Giorgio Macellari. La ripropongo perchè mi sembra un’ottima occasione per analizzare da vicino cosa sia la vocazione e il talento. Potrà servire -credo e spero- come fonte d’ispirazione a chi è interessato a migliorare la propria situazione professionale, a prescindere dal settore, trovando qua e là elementi di spunto.

Chi è Giorgio Macellari

Giorgio è un artista eclettico, che mi ha sempre colpito per la sua capacità di lavorare e creare in ambiti differenti, lui è: musicista, scrittore, giornalista, editore, speaker, sceneggiatore. Per capire la mole di cose che ha prodotto -e continua a produrre-, credo sarà molto interessante mettere a fuoco gli elementi costitutivi della sua vocazione e delle potenzialità che ha sviluppato nel corso degli anni (per una bibliografia e discografia sommaria di ciò che ha realizzato, a fine 2017, rimando alle note in fondo a questo articolo. Nel sito della sua casa editrice, invece, potrete avere una descrizione più aggiornata: nel caso, fosse d’interesse cliccate pure qui Primula Editore).

Giorgio sa che lo scopo della nostra intervista è quello di parlare della sua vocazione, cioè di raccontarmi come ha deciso di fare quello che ha poi fatto, di cosa ha sentito dentro, cosa lo ha attratto e perché. Mi dirà alcuni elementi del suo percorso, ed io cercherò di comprendere cosa ha messo in campo e come lo ha allenato per raggiungere i suoi traguardi. Credo potrà essere una testimonianza utile per chi, oggi, vuole riflettere sulla strada che desidera intraprendere (specie per chi desidera lavorare nell’ambito dell’arte) e capire il lavoro che ci sta dietro, le fatiche, ma anche gli aspetti motivanti. Potrà infine servire -credo e spero- anche come fonte d’ispirazione a chi è interessato a migliorare la propria situazione professionale, a prescindere dal settore, trovando qua e là elementi di spunto declinabili ad altre realtà, astraendone i concetti, perché possano essere utili.

L’intervista

Da dove partiamo Giorgio? Mi racconti chi sei?” Gli chiedo. Così inizia il suo racconto dicendomi: <<Iniziamo dal contrario>>, cioè partendo da due casi specifici, particolari, anziché da una definizione generale, dall’induttivo al deduttivo insomma (immaginavo, è un creativo, dovevo aspettarmelo).

Mi racconta che ci sono due episodi del passato che riaffiorano nella sua memoria, e che lo colpiscono ancora oggi, per lui questi risulteranno determinanti per il percorso di crescita professionale (sarà una casualità –ma non credo- entrambi provengono dall’ambito scolastico): il primo capitato all’età di 6-7 anni mentre, l’altro, quando frequentava le scuole medie.

Il primo racconto, quello è legato alle scuole elementari, è il seguente. Aveva un maestro di musica che si occupava di far cantare i bambini (erano i primi anni 60) e, per quanto fosse gentile e affabile, il metodo era (diciamo, con gli occhi di oggi) un po’ alla vecchia maniera, dove il maestro stava davanti al pianoforte e, nota dopo nota, divideva gli scolari in due gruppi: gli intonati e gli stonati ( <<ed io, ovviamente>> dice ridendo Giorgio, <<fui messo tra gli stonati>>).

Il secondo racconto, quello delle scuole medie riguarda l’insegnamento della lingua italiana: <<Ho avuto la fortuna di avere insegnanti molto brave nello spiegare la grammatica italiana, da cui ancora oggi usufruisco dei loro insegnamenti, in particolare una>>, mi dice <<quest’insegnante mi faceva spesso leggere, dicendomi che -però- non sarei mai diventato uno scrittore, aggiungendo poi, a quest’ affermanzione… “chissà… magari col tempo”>>.

Faccio una pausa di riflessione. Come coach umanista mi chiedo: “non è che l’insegnante vedeva già delle potenzialità di Giorgio in embrione?” Una di quelle potenzialità che, a livello emozionale, sono già percettibili anche se non ancora evidenti ed allenate? Com’è noto, le potenzialità, per diventare poteri e talenti, vanno coltivate.

Pare che Giorgio abbia vissuto i due episodi come sprone a reagire a quelle che erano due capacità che sentiva di avere, ma che non erano riconosciute fino in fondo; in entrambi i casi, il limite era dato da un percetto negativo dall’esterno: “non sai cantare”, “non diventerai scrittore”. Giorgio, come racconta nell’intervista, le visse come sfide da vincere in funzione del suo desiderio, e del suo sentirsi attratto dalla musica e dalla scrittura.

Per inciso. Sappiamo che, ancora oggi, purtroppo, molti ragazzini proprio per avere ricevuto dei giudizi negativi dall’esterno decidono di non assecondare le loro inclinazioni. E’ ed un vero peccato, perché fino alla tarda adolescenza le inclinazioni andrebbero assecondate, coltivate e, soprattutto, non giudicate (così, almeno, credo io).

L’essere messo negli stonati lo spinse ad avere una reazione positiva e portandolo a cantare sempre, anche mentre faceva le scale di casa (dice ridendo), allenandosi di continuo. La stessa cosa avvenne con la scrittura. Ciò gli dette lo spunto a leggere tanto e coltivare quella passione. Lo ha spinse a leggere più di prima.

Inizialmente entrò in conflitto con la sua autostima (mi dice), pensando che l’insegnante potesse avere ragione del suo talento non compiuto (mentre con la musica non aveva questa percezione, perché si sentiva portato, nonostante ciò che gli era stato detto). La svolta fu però al liceo, quando conobbe gli scritti di Dino Buzzati, del quale si innamorò: il modo di scrivere di quello scrittore fu un esempio importante per la sua autostima così, comprendendolo, lo prese a modello e si trovò quindi un autore da imitare e allenamenti da praticare -scrivere e leggere con continuità, in buona sostanza-.

Come racconta Giorgio ha sempre alternato, già da ragazzino, la passione per la musica coltivata in autonomia (studi sulla chitarra e canto), però, mentre gli studi sullo strumento erano visti come secondari – <<perché lo strumento serviva come da accompagnamento per cantare>> dice-, l’obiettivo primario e fondamentale per lui era sviluppare il canto, cosa che lo gratificava al massimo.

Dopo il liceo classico si iscrive alla Facoltà di Lettere, decidendo di non fare il conservatorio perché afferma (e come dargli torto) <<la vita è fatta da condizionamenti>>. Il condizionamento indotto era in questo caso “o tu persegui un percorso “classico” e impegnato (conservatorio) altrimenti non potrai viverci, non potrà essere una professione (seria)”. <<La società diceva implicitamente così>> afferma Giorgio. Ma studiare uno strumento in modo canonico lo avrebbe avvertito come troppo “imbrigliante”.

In chiave coaching, cioè dell’allenamento, potremmo dire che il fare una cosa male, o farla in un determinato modo che depotenzia ciò che si vorrebbe acquisire o, ancora, farla perché viene imposta dall’esterno senza sentirla propria, potrebbe avere l’effetto di diventare un allenamento negativo, dove ci si abitua a fare una cosa non necessariamente utile per propri scopi.

A Giorgio non interessava la chitarra classica, non voleva cantare “imbrigliato” da regole troppo strette, voleva libertà e, allo stesso tempo non rinunciare mai al fatto di pensare che la musica e il canto potessero diventare un’occupazione stabile. Iniziò quindi a fare delle scelte in quella direzione. Fece esperienze nella musica da ballo (che fu un primo allenamento per potersi poi emancipare –via via- verso generi che erano più nelle sue corde): da un lato aveva soddisfazione nel farlo e, dall’altro, acquistava esperienza nell’esibirsi davanti alla gente.

<<Ho avuto la fortuna di essere entrato in un’orchestra già da molto giovane, con la quale ho girato nei locali per l’Italia per 3-4 anni. Avevamo una formazione di 9-10 elementi, dove si proponeva un repertorio molto vasto dal rithm’n blues alla musica leggera italiana>>. Successivamente, iniziò ad essere il frontman del gruppo causa una defezione. Si trovò quindi a gestire l’andamento delle serate, che in realtà, come afferma, sono uno spettacolo complesso dove non si tratta solo di dire il titolo della canzone e basta, ma di capire come gestire tutti i momenti, da quelli intensi a quelli più vuoti della serata, cercando di far si che quelle ore passate insieme siano vissute come esperienza positiva dalle persone presenti, nella loro totalità.

A questo proposito mi rivela un aneddoto. Grazie alla sua esperienza come frontman, gli fu chiesto di presentare un serata al cinema San Rocco di Voghera, non per fare musica ma come conduttore. Non lo aveva mai fatto fino a quel momento e, per quell’iniziativa, scrisse tutto ciò che avrebbe detto e fatto, passo dopo passo. Grazie a quel’accorgimento, riuscì a portarla a termine come si era aspettato e, ancora oggi, ha mantenuto lo stesso stile di scrivere tutto, curando i passaggi della serata e i suoi contenuti. Grazie a quelle esperienze affinò quindi una capacità di capire come calibrarsi allo spettacolo, di cercare di condurre chi aveva davanti al’interno della serata, di fargliela vivere appieno: <<Occorre capire chi si ha davanti, capire qual è il momento del genere, annussare l’atmosfera, captare la serata, indovinare l’attimo>>, mi dice.

Cosa ti dava piacere fare di più? (gli chiedo)

Mi racconta un episodio. Alla presentazione di un suo libro un’amica gli chiese cosa preferisse tra musica, scrittura e teatro. Lui ci ha pensato nel tempo e mi dice: <<Un libro rimane, ma la bellezza di poter cantare è ineguagliabile. Provare emozioni e trasmetterle con canto e bellissimo, il lavoro più bello>>.

Gli chiedo: <<Cos’è la Libertà per te? >>

-Mi risponde subito: <<la creatività!>> Dice che non avrebbe concepito la sua vita senza la possibilità di creare. L’idea di fondo è quella di poter esprimere se stesso con degli scritti, con le canzoni. Il suo è un discorso di comunicazione, esternazione di sentimenti, di vibrazioni. Mi dice poi che faticherebbe a vedere la vita senza creatività, senza la possibilità di creare (a prescindere a cosa e da un settore specifico).

Io: <<Quali aspetti ti hanno fatto crescere professionalmente?>>

Dice che ha ragionato in modo autonomo sulle cose, sulle sue esperienze precedenti e differenti, in modo da poter ricavare strumenti esportabili da un contesto ad un altro: simili ad utensili da riutilizzare in altri contesti).

Osservare gli altri che fanno le cose bene, cercando di usare la possibile una “invidia positiva” nei loro confronti, perché riescono. E’ un’invidia che però riconosce la capacità degli altri, che non li abbassa, che genera volontà di apprendimento. <<Dotarmi di strumenti osservando gli altri e che possa poi riusarli per i miei fini>>, dice. Mi spiega che per capire l’arte della conduzione, osservava un presentatore della zona, cercando sempre di vedere quali fossero le sue peculiarità, il suo modo di fare, cosa poteva prendere da lui e “piegare tali cose” alle sue capacità: quindi rendere cosa aveva di buono nel suo approccio domandandosi: <<come riuscirò a adattare quelle capacità a mia misura?>>.<<Bisogna andare a vedere le persone con occhio sincero, ma anche un sano egoistico, perché sarà utile a te, e così vedrai le cose positive>>, mi dice. Emergono, qui, due elementi molto utili per chi si vuole mettersi in gioco e impiarare: occorre avere senso del limite e conoscenza di sé, per capire fin dove si può arrivare e, allo stesso, per cercare di migliorare ed essere “il meglio di se stessi”.

Tra i lavori che ha svolto ci sono quelli di Responsabile dell’ufficio stampa e cronista radiofonico. Ha svolto anche il ruolo di commentatore dei mondiali di bocce(1985). Oggi, tra gli altri impegni, ha costituito un laboratorio di lettura interpretativa; <<La cosa bella>>, mi dice, <<è lo scambio, con gli altri>>. Nel laboratorio <<trasmetto un sapere tecnico, ma la cosa che conta di più (sempre) è la creazione di un gruppo che scambia il sapere fra partecipanti, creando alchimia tra le persone>>. L’insegnamento lo vive come come scambio. <<Se guardi con “occhi” puri impari>> aggiunge.

Il racconto dal punto di vista del coaching umanistico

Le potenzialità emerse dal racconto di Giorgio sono: creatività, apertura mentale, amore per l’apprendimento, persistenza, apprezzamento della bellezza e l’umorismo.

Le potenzialità possono incarnarsi in poteri, svilupparsi in talenti. Sono in noi come patrimonio che può esprimersi in valori e azioni. Il coaching umanistico ha poi trovato un nome ed una sistematizzazione alle potenzialità che scaturiscono dalle virtù, trovandone addirittura ventinove (Stanchieri, “Scopri le tue potenzialità“, 2008).
C’è una tesi, di fondo, ed è la seguente: per cercare (e per superare molti ostacoli quotidiani) occorre riconoscere i propri aspetti di forza, allenarli, quindi trasformarli da potenziali ad attuali. Se in noi sono presenti delle virtù, e queste possono tradursi in potenzialità che potremmo riconoscere e poi allenare in vista degli obiettivi, allora sarà utile sapere che, al di là degli strumenti e delle tecniche specifiche, dobbiamo prima trovare i nostri punti di forza per metterli in pratica. Nel caso di Giorgio l’allenamento positivo di tali potenzialità, lo hanno messo in condizione di poter realizzare la propria vocazione, superando gli ostacoli che nel corso degli anni ha dovuto affrontare. Se per quanto riguarda la musica, abbiamo accennato ad alcuni aspetti che ha allenato, cito allora, per quanto riguarda la scrittura due ostacoli particolari e come sono stati affrontati e risolti.

Gli ostacoli che ha incontrato nella scrittura.

Scrivere il primo libro. Quando incominciò a scriverlo si rese subito conto che il libro era un mix di cose differenti e che però dovevano avere una consequenzialità. Dopo un po’ si accorse che aveva tante cose da dire, ma che aveva anche bisogno di un piano ma, paradossalmente, per come aveva concepito il testo, avere un piano avrebbe potuto far cadere l’intera impalcatura: perché aveva pensato il tutto come forgiato da spontaneità e volontà di scrivere di getto, senza una meta precisa. Non voleva scrivere saltando dei periodi per poi tornare indietro.

Il libro appare, oggi, così com’è, senza salti, ed è stato realizzato seguendo appunto la logica della continuità – capitolo dopo capitolo – senza averne anticipato delle parti. Ma c’è un’eccezione: il finale. Infatti, scrisse l’ultimo capitolo dopo poco aver iniziato il libro, perché aveva in mente un discorso sulla pazzia, così questo divenne come il faro capace di guidare il resto della stesura. (ed ecco qui, la soluzione creativa di un creativo). J

Scrive un giallo a “quattro mani” fu un altro ostacolo da superare. Un conoscente buttò giù un’idea e gliela propose. Giorgio la lesse e gli piacque, ma si rese subito conto che era da riscrivere dal punto di vista formale. Tra l’altro il giallo non era un genere che masticava bene. Per riscriverlo Giorgio dovette creare ha una sorta di meta racconto, come stile narrativo, creando sistema di alleanze, coinvolgendo quindi dei “tecnici competenti”, delle persone amiche, che supportarono nella risoluzione delle incongruenze del libro. La alleanze, spesso sono un elemento fondamentale nel coaching, per riuscire a raggiungere un obiettivo.

Campo vocazionale: arte e scienza del bello e del sublime

Nell’immaginario comune, spesso, la vocazione viene accostata alla chiamata che avverte il religioso nei confronti del proprio credo ma, nel senso con cui lo affronto con il coaching umanistico, va letta in modo più allargato. Infatti qui è intesa in riferimento a “quella disposizione interiore che fa sentire la persona attratta da un certo ambito, che si sente motivata intrinsecamente a intraprendere una strada professionale e/o personale: gratificata per il solo fatto di percorrerla con impegno e dedizione“.
Tutti abbiamo visto all’opera musicisti che amavano così tanto quello che facevano, da affascinare chi li stava osservando e ascoltando. Ma anche baristi che divertono -e si divertono- nel lavorare a contatto con gli avventori, avvocati che, non appena smettono di districarsi tra norme e codici, corrono a coltivare un orto, operai di produzione dediti alla scrittura di racconti. E ancora, manager, liberi professionisti, volontari, allenatori, parroci, artisti, sportivi, suore, educatori, papà, mamme, giornalisti, scrittori, insegnanti, magazzinieri, tutte persone che possiamo aver osservato godere del loro lavoro, famiglia o hobbies, al punto di dimenticarsi di se stessi, immergendosi totalmente in ciò che fanno.
Potrei andare avanti, per ore, a raccontare di chi ho incontrato in questi anni, e che ha manifestato coinvolgimento profondo per ciò che fa, svelando la propria vocazione: che vedo come una disposizione intima, realizzante, contribuendo alla felicità di chi la scopre quando la mette in opera. La storia è maestra di persone che hanno scoperto la propria vocazione e l’hanno realizzata, chi da giovanissimo chi più in là con gli anni.

Nell’intervista di Giorgio emerge che il suo campo vocazionale è quello dell’ “Arte e scienza del bello e del sublime”. In questo campo si trovano le arti e il lavoro creativo come quello dell’artigiano. Il campo è molto vasto. Rientrano le arti performative quali il teatro, il cinema, il mimo, la danza, la musica, la televisione, la video arte, la pittura, la fotografia, il disegno, l’incisione, il mosaico; le arti plastiche quali la scultura, la ceramica, l’architettura; le arti concettuali o linguistiche quali la sceneggiatura, la letteratura, la poesia. Per comprendere questo tipo di vocazione occorre vedere la perseveranza e motivazione. Il miglioramento di sé è il più straordinario obiettivo da raggiungere e ammirare. Non è un caso, quindi, che Giorgio, oltre ad essere un artista è stato un giocatore di bocce molto dotato. Seguendo la sua vocazione ha potuto lavorare spesso in stato di piacere –detto di flusso (di Flow)-: stato che permette la persona, si, di lavorare con impegno e fatica, ma di avere delle immediate gratificazioni che indicano che è la strada giusta, perché è mossa dalla motivazione intrinseca. La sua vocazione è stata guida nell’ambito che a lui porta piacere, definita felicità dell’opera, dove la persona facendo cose, prodotti, prova felicità. La determination Theory elaborata dagli psicologi Deci e Ryan, che è una teoria della motivazione (Deci e Ryan, 1985), spiega quanto sia importante svolgere attività nelle quali ci sentiamo bravi e competenti e ci che piacciono. In Giorgio è legata al “fare”, e la sua autodeterminazione fa ambire alla trascendenza, attraverso la realizzazione di opere pratiche, in questo caso artistiche. La sua vocazione è manifestazione di un suo sentire la comunicazione delle emozioni, di trasmetterne la bellezza, la loro umanità, attraverso il canto e la scrittura, in modo energico ma sensibile e sentito….(…)“D’altronde, sino a quel momento, Sergio aveva vissuto “al ritmo del cuore”, come recitavano gli stupendi versi di un poeta argentino di cui non ricordava neppure il nome….”, scrive Giorgio nel suo libro “Negli occhi del bambino”.

A questo punto termino il resoconto, ma non posso chiudere se non ringraziando sentitamente Giorgio, per la sua disponibilità, cortesia e ironia che non sono certamente seconde alla sua potenza creativa.

Nel caso sei interessato ad altre interviste vocazionali puoi leggere quella fatta a Riccardo Scandellari

Note.

Per quanto riguarda il tema della vocazione e della Determination Theory potete leggere il libro Luca Stanchieri “Come vincere lo stress sul lavoro e imparare a automotivarti”, Newton Compton Editori, Roma 2015

Per conoscere le potenzialità con lo sguardo del coaching umanistico, “Scopri le tue potenzialità. Come trasformare le tue capacità nascoste in talenti con la psicologia positiva e il coaching”, Franco Angeli, Luca Stanchieri, Milano, 2008

Il libro citato di Giorgio Macellari è “Negli occhi del bambino”, Primula editore, Voghera ( Pv) 2013.

Bibliografia e Discografia di Giorgio Macellari (nato a Voghera il 16.10.1956)

-Nel dicembre del 2001 esce un suo CD dal titolo “Proprio come Mina” e, nel giugno del 2002, un altro lavoro musicale (“Djâlât vugheres in müsica” – “Dialetto vogherese in musica”), in cui coniuga poesia e musica d’autore, trasformando in canzoni alcune liriche in dialetto iriense.

-Nel 2003 cura e produce la realizzazione di un CD allegato al libro “Pino Calvi: il sogno in musica”.

-Scrive e arrangia le canzoni della commedia musicale “Stracci, la ballata dei nuovi poveri”, un lavoro di Renato Capitani, presente nel cartellone della stagione di prosa 2004 a Roma, presso il Teatro Agorà.

-Nel marzo 2009 è protagonista e voce recitante nell’ambito dell’iniziativa “Letture dantesche”, inserita nel programma culturale della Civica Biblioteca Ricottiana di Voghera.

-Nel settembre del 2009, esce il CD “Fricandò – L’amore ai tempi della letteratura”, un progetto culturale in cui riveste musicalmente alcuni testi della letteratura mondiale.

– Nel febbraio 2010 è protagonista e voce recitante nell’ambito dell’iniziativa “Letture dalla Gerusalemme Liberata”.

– Nell’agosto del 2011, è co/protagonista in un film/documentario realizzato dalla regista Eva Frapiccini, interpretando il personaggio di Luis Caneira.

– Nel settembre del 2011 si aggiudica la quarta edizione del concorso nazionale “Suona la poesia”, organizzato dal Festival Internazionale di Genova e dal Meeting delle Etichette Indipendenti.

– Fonda la casa editrice Primula Editore.

-È autore del romanzo che ha per titolo: “Negli occhi del bambino”, pubblicato nel gennaio del 2013.

– Dal gennaio 2014 collabora come lettore/interprete con la società “Libro Ascolto” nella realizzazione di audio-libri.

– Nel marzo 2014, in qualità di lettore/interprete, è ospite a Trieste in occasione della “Settimana del Cervello”, organizzata dalla scuola universitaria Sissa.

– Nel dicembre del 2014 pubblica il suo secondo romanzo: “Sulla giostra del cuore – Storie d’amore e di amicizia negli anni di piombo”.

– Nell’ottobre del 2015, esce il CD “Ma… che fine ha fatto Joele?”, realizzato con il chitarrista jazz Riccardo Bianchi: un album di cover – tra swing e musica d’autore – rielaborate e rivisitate.

– Nel maggio del 2016, con la canzone “Aylan”, si aggiudica la 13^ edizione del concorso musicale per bambini “Il Mulino In…cantato”.

– Nell’agosto del 2016 pubblica “Piero Mutti, una vita per le bocce”.

– Nel settembre del 2016, esce il cd “Da Macondo a Canterbury”: brani inediti e cover in un mix tra musica, letteratura e storia; una serie di incontri con libri e personaggi, reali e immaginari, che creano contaminazioni e suggestioni.

– Nell’ottobre del 2016 pubblica “Fuga dal manicomio di Voghera”, un romanzo breve scritto a quattro mani con Stefano Poggi.

– Nel maggio del 2017 pubblica “Amanti”, una raccolta di racconti brevi.

Al giornalismo alterna attività in diversi settori dello spettacolo, in qualità di cantante, presentatore e speaker, pure nel settore promozione e pubblicità.

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