Nella mitologia greca si parla spesso delle tre Moire, considerate le tessitrici della vita: divinità che decidevano il destino di ogni persona. Chi sono? Perchè influiscono sulla nostra carriera? Vediamo.

Le tre Moire

Cloto “la Filatrice” realizzava il filo dei giorni per la tela della vita della persona e, tradizionalmente, era associata alla nascita. Làchesi dipanava la sorte, avvolgendo il filo sul fuso, distribuendo così la qualità e quantità di vita di ogni persona. Atropo, detta l’inesorabile, lo tagliava con le forbici quando giungeva il momento di arrestarlo, attribuendo il principio e la fine del tempo della vita: nascita e morte.

Rispettando la cultura del tempo greco il loro distacco, la noncuranza che avevano la vita delle persone, garantiva l’ordine dell’universo che tutti, divinità comprese, dovevano rispettare.

La vita professionale

Spostiamo il focus del discorso da vita/morte a vita professionale/carriera. Dobbiamo constatare che le Moire sono in noi da tempo.

Cloto decideva il talento che avevamo o meno (e, se non lo possedevamo, dovevamo rassegnarci); era lo studio che si doveva fare se eravamo bravini, oppure terminare e andare a lavorare se non eravamo portati (che poi, per questo “portati” ci sarebbero un milione di cose da dire; che poi, lavoro vs studio è comunque sbagliato); erano le influenze ricevute circa la vita professionale da prendere, e che davano direzione al nostro futuro. Di Cloto abbiamo ancora scritto nel nostro DNA la tradizione, la cultura passiva nel mondo del lavoro.

Làchesi, invece, era in noi (e lo è ancora) quando attuavamo la scelta/non scelta, indirizzandoci alle attività che avrebbero dato poi forma alla nostra vita professionale; al decidere di viverla come unica, limitata. Il sentirsi in colpa se stavamo male in un posto e pensavamo di licenziarci, credendo che ciò che era stato scelto “era scelto e basta”, e che il tempo di trovare un’occupazione soddisfacente ormai passato -sembra sempre tardi-.

Atropo, invece, agiva quando venivamo licenziati (per i più disparati motivi) o quando decidevamo di andarcene dal luogo dove eravamo impiegati, ormai spezzati in due dalla delusione. Veniva chiamata l’Inesorabile: e questa inesorabilità metteva in luce che la vita professionale era subita, non vissuta. Un taglio netto e a casa. «Però le forbici sono in mano Sua» constatava Wisława Szymorska (nella sua poesia”Intervista con Atropo”), così in risposta la Moira diceva «Giacchè lo sono ne faccio uso».

Trasformare la necessità

Le tre Moire, qualcuno le attribuiva come figlie di Zeus, ma altri – Platone per esempio- le accosta ad Ananke (la Necessità): e non è un caso. Spesso infatti è in noi oggi, questa necessità, quando scegliamo di non studiare, approfondire, smettere d’imparare, impegnarci, mollare, e così via; dove tutto appare necessario per mantenere in equilibrio le cose. «E’ andata così perché doveva andare così» ci diciamo, come fosse un autobus guidato da qualcun altro, e noi ci siamo sopra impotenti.

Le tre Moire in questione, ce le abbiamo scolpite dentro, si muovono, sono quelle vocine che gridano al nostro stato di passività, al «deve andare così, lascia correre, tanto è inutile, tanto è destino…». Ma ricordiamoci che in ognuno di noi c’è anche la parte eroica che può muoversi contro l’inesorabile.

É nelle imprese silenziose che compiamo ogni giorno: come tanti Atlante che sorreggono ciascuno un loro mondo. Ognuno, a suo modo, custodisce e protegge e può essere eroe. Ognuno, può lavorare sul suo filo, renderlo migliore, decidere di stabilirlo sul fuso migliore e di inforcare le forbici quando sarà il momento opportuno. Ognuno, per qualcuno, eroe lo è.

Buona giornata, buona filatura.

Davide

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